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Archivio mensile:gennaio 2014

Con la deliberazione della Giunta regionale n.959/2013 è stato adottato il Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti Urbani.
Il provvedimento è poi adottato dal Consiglio Regionale il 16 ottobre 2013.
Il Piano è consultabile nel portale ambientale della Regione Puglia.

L’assessore all’ambiente ed ex magistrato Lorenzo Nicastro ha avuto il coraggio di affermare che la Puglia ha varato il primo piano regionale a rifiuti zero, mentre altre regioni italiane come Lombardia hanno deliberato sul serio di non approvare più nuovi inceneritori. Il nuovo piano regionale, invece, nato con lo slogan “dall’emergenza al piano partecipato”, non fa che confermare la pianificazione del commissario delegato all’emergenza ambientale Nichi Vendola, il cui “ufficio stralcio” è ancora in piena attività con l’emissione continua di ordinanze, nonostante l’emergenza rifiuti sia ufficialmente terminata nel 2008.

Le osservazioni del pubblico non state degnate di attenzione né in fase di “scoping” né in fase definitiva di ascolto sul rapporto preliminare: nel primo caso l’obiettivo rifiuti zero, sbandierato alla fine nei comunicati stampa, era stato definito utopistico; nel secondo caso le osservazioni sono state derubricate in un documento di “dichiarazione di sintesi” approntato nei tempi record  di 48 ore, per procedere subito all’approvazione da parte del Consiglio Regionale. Non c’è mai stata, dunque, vera concertazione. L’unico momento di ascolto è stata nel 2012 l’audizione della rete per i beni comuni (Comitato Acqua Pubblica – Puglia), ma il Consiglio Regionale ha poi ignorato le ragioni dei referendari sul DDl “servizi pubblici”.

Alcuni punti salienti che abbiamo rilevato sono:

  • l’inceneritore di Statte gestito dall’AMIU Taranto è ancora attivo nonostante l’obsolescenza quarantennale e l’inceneritore di rifiuti speciali Ecodi nel quartiere Tamburi, in attesa di AIA, ha già ricevuto nel 2012 la VIA inclusiva di ricorso ai rifiuti soilidi urbani nonostante l’incompatibilità con la relativa pianificazione regionale;
  • le controverse discariche di Grottelline a Spinazzola, di Martucci a Mola di Bari e di Corigliano d’Otranto, nonostante siano nell’occhio del ciclone, restano sostanzialmente confermate nel piano;
  • che dire poi della cementeria di Barletta nel pieno centro cittadino autorizzata a bruciare rifiuti urbani insieme agli scarti plastici?;
  • il Comune di Bari non ha ancora fatto sapere, nonostante l’approvazione dell’AIA dell’AMIU, come e dove intende termine il ciclo della frazione secca;
  • in provincia di Foggia vi è un’illegalità diffusa nel ciclo rifiuti, dove nel 2012 la cosiddetta “ordinanza della vergogna” dell’ufficio stralcio ha sancito l'”allineamento” forzato delle attuali discariche di Foggia-Passo Breccioso, Cerignola e Deliceto all’inceneritore ETA-Gruppo Marcegaglia a Manfredonia (in fase di test), senza considerare se le discariche di Capitanata siano in possesso delle autorizzazioni dovute alla produzione di frazione secca combustibile – questa situazione di fatto emergenziale subentra nel piano: Quid juris?;
  • la riserva (puramente nominale) di 30 milioni di euro pubblici per i nuovi impianti di compostaggio finanzierà 4-5 grossi impianti, molti dei quali vicini tra loro (Molfetta, Bari, Cellamare in provincia di Bari, Manfredonia in provincia di Foggia – quelli finora previsti) lasciando scoperti altri territori, come il Grande Salento, e, soprattutto, favorendo a priori i grossi appalti al posto dei più piccoli e funzionali impianti comunali o intercomunali (a proposito, altra dimenticanza grave è la previsione del compostaggio di zona);
  • ci si è rifiutati di accogliere la nostra proposta innovativa (confluita poi nell’art. 16 della proposta di legge nazionale zero waste) di lasciare autonomia alle ARO o ai Comuni e alle loro unioni di redigere propri piani, eventualmente “staccati” dai contratti di servizi degli ATO con gli inceneritori;
  • non è stata in realtà stralciata come richiesto l’opzione del coincenerimento di CSS, come avevamo richiesto con le nostre osservazioni in crowdsourcing (la risposta della Regione Puglia: Si rimanda a quanto già contro dedotto per l’osservazione prodotta dal Comune di Galatina (Prot. Consiglio Regionale n. 301 del 25/06/2013):“Nel caso di co-incenerimento, invece, non vi sono nuove emissioni, ma una variazione qualitativa di quelle già esistenti che per alcuni inquinanti è una variazione positiva, per altri negativa, ma sempre  nel rispetto dei limiti di legge. Ovviamente, come ribadito anche da ARPA Puglia, tale soluzione risulta sfavorita rispetto ad impianti di recupero di materia in base al principio gerarchico di gestione dei rifiuti. Tale principio è rimarcato anche nella Delibera di  Giunta n 959/2013 di adozione del PRGRU che prevede di assumere come opzione prioritaria per la gestione del CSS prodotto in Puglia il recupero di materia.”);
  • infine, nonostante la Puglia sia stata la regione italiana più prolifica nella raccolta firme per una Legge d’Iniziativa Popolare Rifiuti Zero, l’amministrazione regionale non si è mai confrontata con le richieste del movimento regionale.

Da ricordare anche il coinvolgimento nell’inchiesta ILVA di alcuni consulenti del nuovo PRGRU, come il duo Liberti & Intini del Politecnico di Bari: http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/08/17/ilva-taranto-perito-della-procura-e-dirigenti-del-ministero-coinvolti-nel-sistema/327308/. Questi due professori hanno condotto studi sul CSS con l’azienda Dalena di Putignano e hanno dato vita ad uno spin off accademico. Inoltre, hanno collaborato a stretto contatto con il funzionario regionale e presidente dell’AMIU Taranto Cangialosi, responsabile della parte sulla frazione secca combustile (FSC) del nuovo PRGRU, con il quale hanno redatto pubblicazioni scientifiche sulle emissioni derivanti dalla combustione dei rifiuti urbani.

In conclusione, il piano regionale redatto dall’ARPA da una parte conclude che il recupero di materia è più ecocompatibile del recupero di energia (a tal proposito, positiva è la dichiarazione d’intenti di prendere in considerazione la messa a disposizione del CETMA di Brindisi, al fine di progettare la realizzazione coi finanziamenti europei di un impianto di trattamento a freddo della frazione residuale a valle); dall’altra parte, però, resta l’incenerimento come unica alternativa fattibile ed “economicamente sostenibile”: con il pretesto di prevenire l’arrivo di rifiuti da fuori regione, per sfamare i forni già autorizzati in Puglia, si impone di mettere subito a regime tutti gli impianti di produzione di CSS sparsi sul territorio regionale (la maggior parte dei quali della famigerata CoGeAm), quegli stessi impianti che fino a pochi mesi fa erano definiti “TMB” (trattamento biomeccanico, di solito posto a monte, e non valle, della catena del riciclo, per ridurre l’indifferenziato). Si consuma così l’ennesimo compromesso di una Regione che continua a subordinare le ragioni della salute a quelle del “dio Denaro”, insultando l’intelligenza dei pugliesi.

Nel 2014 ci aspettano due importanti banchi di prova: il primo è l’istanza presentata al Ministero di coincenerire CSS nel polo termoelettrico a carbone di Brindisi, sulla quale la Regione Puglia deve esprimersi, anche sulla base degli indirizzi del nuovo piano; in secondo luogo, proprio il PEAR (Piano Energetico Ambientale Regionale) approvato nel 2007 senza una procedura partecipata di VAS, che prevede per l’appunto di raggiungere il 5% della produzione regionale di energia elettrica sosituendo il CDR-Q al carbone, dovrà essere finalmente aggiornato e rivisto. A giochi fatti, sono tutti buoni.